Emofilia
L’emofilia è una rara malattia genetica caratterizzata da problemi nella coagulazione del sangue e che, di conseguenza, determina un aumentato rischio di emorragie interne ed esterne. Per questa ragione, rappresenta una condizione potenzialmente letale, anche se gli avanzamenti nelle terapie hanno migliorato in modo significativo il suo trattamento.
Il termine emofilia, che dal punto di vista etimologico significa “tendenza al sangue”, è stato coniato nel XIX secolo, periodo a cui risalgono anche le prime descrizioni della patologia. Sempre dal punto di vista storico, è interessante ricordare che l’emofilia ha interessato numerosi membri di famiglie reali europee, in particolare in Gran Bretagna, Spagna, Germania e Russia; il più noto è il caso di Aleksej Nikolaevič Romanov, ultimogenito dell’ultimo zar russo, Nicola II. In quanto malattia genetica, infatti, l’emofilia tende a ricorrere in una stessa famiglia: le famiglie reali europee si sposavano spesso fra parenti stretti (per motivi politici e dinastici), e questo determinò la diffusione dell’emofilia in alcune casate. Studi contemporanei di genetica hanno potuto far risalire la diffusione del gene responsabile della malattia alla regina Vittoria d’Inghilterra.
Al di là di questa nota storica, che evidenzia la maggior prevalenza della malattia nelle corti reali dei secoli scorsi, l’emofilia è una malattia rara, che si stima interessi 1-9 persone su 100.000. Oggi, in Italia, si stima che i pazienti con coagulopatie congenite come l’emofilia siano oltre 9.700, dei quali il 30% con la forma più comune di emofilia e il 7% circa con la forma meno comune (i restanti sono rappresentati da altre patologie della coagulazione, come la malattia di von Willebrand).
Quali sono le cause dell’emofilia?
L’emofilia è una malattia genetica dovuta a mutazioni di un gene che permette la produzione di specifici fattori di coagulazione, cioè proteine essenziali per la coagulazione del sangue. A seconda del gene, e quindi del fattore di coagulazione interessato, si distinguono:
- emofilia A, la forma più diffusa, che è dovuta a mutazioni del gene che codifica per il fattore VIII;
- emofilia B, dovuta a mutazioni del gene che codifica per il fattore IX;
- emofilia C, molto rara, dovuta a mutazioni del gene che codifica per il fattore XI.
Una forma estremamente rara dell’emofilia è l’emofilia A acquisita che, pur avendo effetti simili alle forme classiche, origina da meccanismi autoimmuni e che non verrà trattata in questa scheda.
A seconda del tipo specifico di mutazione, il fattore di coagulazione può non essere prodotto per nulla, oppure essere prodotto in quantità insufficienti o, ancora, essere prodotto in quantità normali ma con una struttura alterata che gli impedisce di funzionare correttamente. Questo fa anche sì che l’emofilia possa essere più o meno grave a seconda del tipo di mutazione specifica.
Un altro aspetto importante per quanto riguarda l’emofilia è la modalità di trasmissione. I geni che codificano per i fattori VIII e IX, infatti, sono localizzati sul cromosoma X, uno dei due cromosomi sessuali. Le donne hanno due cromosomi X: questo significa che, se anche uno dei due porta la mutazione, l’altro consente comunque la produzione del fattore di coagulazione; si parla in questo caso di portatrice sana di emofilia. Perché una donna sia malata, entrambi i cromosomi X devono portare la mutazione (un’eventualità rara ma non impossibile).
Gli uomini, al contrario, hanno un solo cromosoma X e, se questo porta la mutazione, ci sarà necessariamente anche l’emofilia. Questo aspetto è importante per capire la modalità di trasmissione dell’emofilia (in inglese detta appunto X-linked):
- se la madre è portatrice, la coppia ha il 25% di probabilità, a ogni gravidanza, di avere un figlio con l’emofilia o una figlia portatrice;
- se il padre è malato, le figlie femmine saranno portatrici (perché uno dei loro cromosomi X, quello di origine paterna, porta la mutazione) e i figli sani.
Va infine evidenziato che, sebbene l’emofilia tenda a ricorrere in una famiglia, in una minoranza dei casi le mutazioni responsabili si presentano de novo, cioè senza che ci siano parenti con la malattia.
I geni responsabili delle principali forme di emofilia sono localizzati sul cromosoma X, e questo ne influenza le modalità di trasmissione: nella stragrande maggioranza dei casi, sono i maschi a presentare la malattia, mentre le donne sono portatrici.
Quali sono i sintomi dell’emofilia?
I sintomi e segni principali dell’emofilia sono legati all’impossibilità del sangue di coagulare: si possono così presentare sanguinamenti senza apparente ragione (per esempio in forma di epistassi, il “sangue dal naso”) e lividi, dovuti a emorragie sottocutanee, a seguito di traumi anche minimi. Inoltre, le emorragie interne possono causare dolore e gonfiore alle articolazioni, più frequenti con l’avanzare dell’età.
Questi segni dell’emofilia si possono presentare fin dalla prima infanzia, soprattutto quando il neonato inizia a muoversi in modo più autonomo, mettendosi seduto o camminando/gattonando. La loro gravità può però variare in modo significativo a seconda della mutazione specifica che causa l’emofilia e, di conseguenza, della quantità di fattore di coagulazione o, più precisamente della sua attività biologica, cioè quanto efficacemente riesce a lavorare. In particolare:
- quando l’attività biologica del fattore di coagulazione è inferiore all’1%, si parla di emofilia grave, con emorragie che si presentano spesso in modo spontaneo (si manifesta frequentemente nei primi mesi di vita);
- quando l’attività biologica del fattore di coagulazione è 1-5%, si parla di emofilia moderata;
- quando l’attività biologica del fattore di coagulazione è 5-40% si parla di emofilia lieve (le emorragie si presentano a seguito di traumi o lesioni più significative e di rado sono spontanee).
Le forme lievi e moderate di emofilia possono presentarsi anche più tardi nell’infanzia o addirittura nell’adolescenza. È importante però segnalare che, senza un adeguato trattamento, l’emofilia può essere letale già in età pediatrica o nell’adolescenza. Tra le complicanze più comuni, soprattutto nelle forme gravi, vi è l’artropatia emofiliaca, una forma di artrosi dovuta al danno che i sanguinamenti ripetuti causano alle articolazioni; a lungo andare, l’emofilia può compromettere in modo significativo la mobilità. Inoltre, sebbene di rado, l’emofilia può causare emorragie intracraniche potenzialmente letali e che richiedono un trattamento d’emergenza.
Come si arriva alla diagnosi di emofilia?
Nella diagnosi dell’emofilia ha un ruolo particolarmente rilevante l’anamnesi del paziente, in particolare per quanto riguarda la presenza di parenti con la malattia. L’esame di riferimento è quello del sangue, nell’ambito del quale è particolarmente importanti ai fini diagnostici il test del tempo di tromboplastina parziale (Partial Thromboplastine Time, PTT), che serve a valutare quanto tempo il sangue impiega a coagulare: se risulta allungato, può essere indicativo di emofilia. In tal caso si procede con ulteriori accertamenti, in particolare il dosaggio dei fattori di coagulazione; se la diagnosi è confermata, può essere raccomandato un test genetico per verificare quale mutazione è presente, un elemento che può essere importante per valutare la prognosi della patologia.
È importante evidenziare che la diagnosi di emofilia può essere anche prenatale, che permette di sapere fin dal primo o secondo trimestre di gravidanza se il feto abbia la malattia. La diagnosi prenatale di emofilia si basa sulla villocentesi o sull’amniocentesi.
Infine, vale la pena sottolineare anche che può essere raccomandato un esame per stabilire se una donna sia portatrice. Per le donne, infatti, l’emofilia è una condizione rara; se però ci sono altri casi in famiglia, è possibile che sia portatrice della malattia. In tal caso, può essere raccomandato un esame specifico che permetta di stabilire la presenza della mutazione nei geni coinvolti nella produzione dei fattori di coagulazione.
Per l’emofilia sono possibili anche la diagnosi prenatale e, per le donne, test che consentono di sapere se siano portatrici della malattia.
Come si previene l’emofilia?
L’emofilia è una malattia genetica e, come tale, non è prevenibile. Conoscere la modalità di trasmissione della malattia, insieme agli esami prenatali e quelli della portatrice, sono comunque elementi che permettono a chi desidera avere figli di conoscere la probabilità di trasmettere la malattia, così da prendere decisioni in merito alla gravidanza con tutte le informazioni necessarie.
Qual è il trattamento dell’emofilia?
Il trattamento dell’emofilia dipende da diversi fattori, tra cui in particolare le condizioni del paziente e la gravità della patologia. Storicamente, e da quando è stato possibile utilizzarli, il trattamento di riferimento è rappresentato dalla somministrazione dei fattori di coagulazione carenti o alterati attraverso infusione. Possono essere somministrati sia al bisogno, quando compare un sanguinamento, sia come profilassi, per prevenirlo. La profilassi rappresenta un elemento importante nel trattamento dell’emofilia e segue protocolli specifici. I fattori di coagulazione usati per questa terapia sostitutiva sono di due tipi:
- derivati dal plasma di donatori, usati soprattutto in passato;
- ricombinanti, cioè ottenuti attraverso specifiche tecniche di biotecnologia e oggi più usati (sono disponibili anche fattori a emivita estesa, cioè che rimangono disponibili più a lungo nell’organismo).
È importante evidenziare che una certa percentuale di persone con emofilia può però sviluppare anticorpi inibitori contro i fattori della coagulazione somministrati nella terapia. Questa rappresenta la complicanza più grave del trattamento, e può richiedere di ricorrere a terapie alternative; l’unica strategia efficace per annullare la presenza di questi anticorpi inibitori è rappresentata dall’induzione dell’immunotolleranza. Consiste nel somministrare dosi ripetute e regolari del fattore di coagulazione (spesso ad alte dosi) per un periodo prolungato, fino a quando gli anticorpi scompaiono o si riducono drasticamente e il fattore torna a essere efficace. Questa strategia può essere impegnativa, soprattutto nell’infanzia.
La terapia sostitutiva è tanto più efficace quanto prima viene iniziata; in linea generale, comunque, oggi la prognosi dell’emofilia è favorevole. Inoltre, negli ultimi anni alla terapia sostitutiva si sono affiancate anche altre importanti strategie terapeutiche, le principali delle quali sono rappresentate dagli anticorpi monoclonali e dalla terapia genica.
Le cure più innovative per l’emofilia
- Anticorpi monoclonali. Diversi tipi di anticorpi monoclonali, alcuni già approvati e altri in fase di studio, possono o potrebbero essere impiegati per il trattamento dell’emofilia. Tra quelli già approvati, il più noto è l’emicizumab, usato per l’emofilia A e somministrato per iniezione sottocutanea e con lunga durata d’azione: agisce mimando la funzione del fattore VIII mancante/alterato, ma senza che si possano sviluppare gli anticorpi inibitori.
- Terapia genica. La terapia genica si basa su tecniche avanzate di editing genomico per sostituire il gene mutato di alcune malattie genetiche: negli ultimissimi anni sono state approvate nell’Unione europea strategie di terapia genica sia per l’emofilia A sia per l’emofilia B. Si tratta di terapie che offrono la possibilità di un trattamento singolo con effetti a lungo termine, ma è importante evidenziare che non tutte le persone sono idonee a riceverle (i limiti principali riguardano l’età pediatrica, la presenza di disturbi al fegato e la presenza di anticorpi contro i fattori di coagulazione).
- Associazione italiana centri emofilia (AICE), Dalla diagnosi di portatrice di emofilia alla diagnosi prenatale, https://aiceonline.org/wp-content/uploads/2019/02/Dalla-diagnosi-di-portatrice-di-emofilia-alla-diagnosi-prenatale.pdf
- Federazione delle associazioni emofilici, Emofilia: che cosa è, https://fedemo.it/emofilia/
- Istituto superiore di sanità, Registro Nazionale Coagulopatie Congenite. Rapporto 2020, https://www.iss.it/-/rappporto-istisan-22/38-registro-nazionale-coagulopatie-congenite.-rapporto-2020.-francesca-abbonizio-mauro-biffoni-romano-arcieri-associazione-italiana-centri-emofilia-aice-adele-giampaolo
- Mehta P, Reddy Reddivari AK. Emophilia. StatPearls (2023) https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK551607/
- Orphanet, Emofilia, https://www.orpha.net/it/disease/detail/448
Redazione Kormed
L’attività redazionale di Kormed si basa su un approccio rigoroso e responsabile alla divulgazione scientifica, con l’obiettivo di offrire contenuti che siano clinicamente accurati e accessibili. Grazie al supporto di un pool di esperti, tra cui medici, biologi e professionisti del settore, specializzati in comunicazione medica, sviluppiamo testi che riflettono l’attualità delle conoscenze scientifiche…Leggi di più