Gli esercizi per il Parkinson: il movimento che fa la differenza
Dopo quella di Alzheimer, la malattia di Parkinson rappresenta la patologia neurodegenerativa più diffusa al mondo. Sebbene la ricerca sia molto attiva, non abbiamo oggi una cura risolutiva per questa malattia; abbiamo però a disposizione alcuni trattamenti che permettono di migliorare la qualità della vita dei pazienti riducendo i sintomi. Tra questi, ad affiancare le terapie farmacologiche, c’è un importante alleato: l’esercizio fisico.
Se una regolare attività fisica è una componente essenziale di uno stile di vita sano per ognuno, per le persone con malattia di Parkinson rappresenta anche qualcosa di più. Infatti, la malattia di Parkinson può limitare il movimento, ma paradossalmente è proprio attraverso il movimento che si possono limitare i sintomi patologici. La ginnastica può aiutare a mitigare non solo i sintomi motori migliorando equilibrio, flessibilità e mobilità, ma anche quelli non motori, come per esempio depressione e costipazione. E ha a tutti gli effetti un ruolo terapeutico imprescindibile.
I benefici dell’esercizio fisico per le persone con malattia di Parkinson
Sono diversi gli studi che hanno evidenziato i benefici dell’attività fisica per le persone con malattia di Parkinson. Per esempio, una ricerca del 2022 ha mostrato come l’attività fisica nelle fasi precoci della malattia abbia un impatto positivo a lungo termine nella vita quotidiana del pazienti, favorendo la stabilità posturale, l’equilibrio, e perfino la rapidità dei processi cognitivi. Anche i risultati del Parkinson’s Outcomes Project, uno degli studi più ampi condotti su questa patologia, hanno evidenziato come fare attività fisica per almeno due ore e mezza la settimana possa rallentare il declino della qualità della vita dei pazienti. L’intensità dell’esercizio fisico può influenzarne i risultati: in linea generale, infatti, un esercizio intenso e portato avanti nel lungo periodo ha maggiori benefici di uno a bassa intensità e sporadico.
Studi più recenti e per ora preliminari suggeriscono anche che l’attività fisica potrebbe non solo avere un effetto protettivo sul cervello delle persone con il Parkinson ma anche invertire i processi di neurodegenerazione. Saranno necessarie ulteriori ricerche per confermare questi risultati, che però possono già rappresentare un ulteriore incentivo a favore dell’attività fisica per le persone con la malattia di Parkinson.
Inoltre, non è mai né troppo presto né troppo tardi per iniziare a fare attività fisica. Un principio che vale per tutti, ma ancora di più per le persone con malattia di Parkinson: nelle fasi iniziali della patologia, gli effetti dell’esercizio sono di particolare beneficio per rallentare la neurodegenerazione, ma anche nelle fasi più avanzate possono avere un ruolo importante nel mitigare i sintomi, purché l’attività sia adattata alle capacità del paziente.
Come ridurre la rigidità nel Parkinson? L’esercizio migliore non si sceglie da soli
L’importante, infatti, è scegliere esercizi fisici e di ginnastica idonei per il paziente, in termini sia di tipologia sia d’intensità e durata: non esiste una “prescrizione” adatta a tutti, ma ciascuno deve trovare l’attività più adatta a sé confrontandosi con il proprio team di cura per identificare tempi e attività adatti alla propria condizione. Inoltre, avverte l’associazione Parkinson Italia, è importante sottoporsi a una visita medica sportiva per verificare la propria idoneità.
Gli studi non hanno per ora identificato un tipo di esercizio fisico che abbia pregi sostanziali rispetto ad altri. In effetti, secondo gli autori di una vasta revisione della letteratura scientifica, l’esercizio fisico in sé potrebbe essere più importante rispetto al tipo di attività prescelta.
Insomma, l’importante è fare ginnastica con regolarità, adeguando lo sforzo alle proprie capacità e possibilità fisiche.
Endometriosi, uno sguardo oltre la diagnosi
L’endometriosi può avere un impatto profondo nella vita delle donne con questa patologia, coinvolgendo diversi aspetti della salute fisica, mentale e sociale. Può influenzare non solo la possibilità di avere figli, con il possibile stress emotivo che comporta in chi li desidera, ma anche la vita quotidiana. Il dolore, che sia cronico o presente solo in determinate situazioni, può compromettere la capacità di lavorare e studiare; può anche influenzare la vita di coppia.
Inoltre, l’infiammazione cronica e le eventuali perdite di sangue abbondanti possono contribuire a una sensazione costante di stanchezza e affaticamento; l’anemia da carenza di ferro, comune nelle persone con mestruazioni abbondanti, può aggravare questo senso di spossatezza, riducendo energia e concentrazione.
Tutti questi elementi influenzano facilmente il benessere mentale: dolore e affaticamento facilitano l’isolamento sociale e, più in generale, affrontare una malattia cronica e spesso sottovalutata può portare ad ansia e depressione, specialmente se i sintomi vengono ignorati o minimizzati da medici o persone vicine. Insomma, l’endometriosi non è solo un problema ginecologico ma una malattia con un impatto complesso e a volte sottovalutato sulla qualità della vita delle donne: va affrontata con il giusto supporto medico e sociale. Ricorda che le strutture Kormed sono sempre a disposizione per fornire un inquadramento diagnostico e terapeutico professionale e affidabile.