Cos’è e a cosa serve la tecarterapia

2025-08-02
Cos’è e a cosa serve la tecarterapia

Tecarterapia: un nome che si sente ormai di frequente in ambito sportivo, ma che ricorre sempre più spesso anche in altri contesti medici. In realtà, più che un nome si tratta di una sigla: TECAR, infatti, sta per Trasferimento Energetico Capacitivo e Resistivo. Ma forse neanche il nome completo è molto illuminante nello spiegare cos’è e come funziona questo approccio terapeutico… Cerchiamo allora di conoscerlo meglio!

Come funziona la tecarterapia

La tecarterapia è un tipo di terapia fisica nella quale, grazie a correnti ad alta frequenza (generalmente onde radio nella banda dei 300 kHz – 1 MHz), si genera calore all’interno dei tessuti biologici. Questo calore endogeno (cioè che si origina all’interno del tessuto, invece di provenire da una fonte esterna) è di fatto energia, che stimola la vasodilatazione, l’aumento del metabolismo cellulare e la riduzione del dolore. 

Complessivamente, quindi, la tecarterapia è un approccio usato per stimolare i processi di guarigione e favorire il recupero funzionale. In base al tessuto da trattare, si può scegliere una delle due diverse modalità di tecarterapia, oppure usarle in combinazione:

  • modalità capacitiva (CET), che agisce sui tessuti molli come i muscoli e vasi linfatici
  • modalità resistiva (RET), che agisce su tessuti a maggiore resistenza, come ossa, tendini e articolazioni.

Il meccanismo d’azione di queste due modalità è lo stesso: a cambiare è il tipo di elettrodo utilizzato, che è rivestito di materiale isolante nella CET, mentre nella RET non è isolato, così che l’energia possa penetrare più in profondità e agire sui tessuti a maggior resistenza. 

Tecarterapia: a cosa serve e per cosa è usata

La tecarterapia è in grado di stimolare il microcircolo sanguigno, il metabolismo cellulare e i processi riparativi: per queste ragioni è stata usata soprattutto in ambito sportivo, per il trattamento di lesioni che si verificano tipicamente durante l’attività fisica, come contratture, stiramenti e strappi muscolari, o ancora per tendiniti, distorsioni, lombalgie/cervicalgie, infiammazioni eccetera.

Negli ultimi anni, comunque, il suo uso si è sempre più allargato anche in altri contesti. Per esempio, gli studi ne hanno dimostrato i benefici anche per l’ipotonia nelle persone che hanno avuto un ictus, o condizioni come la sindrome del tunnel carpale (anche se gli effetti sembrano meno durevoli rispetto ad altri approcci) o perfino per il trattamento del dolore post-partum in caso di lesioni perineali.

Endometriosi, uno sguardo oltre la diagnosi

L’endometriosi può avere un impatto profondo nella vita delle donne con questa patologia, coinvolgendo diversi aspetti della salute fisica, mentale e sociale. Può influenzare non solo la possibilità di avere figli, con il possibile stress emotivo che comporta in chi li desidera, ma anche la vita quotidiana. Il dolore, che sia cronico o presente solo in determinate situazioni, può compromettere la capacità di lavorare e studiare; può anche influenzare la vita di coppia.

Inoltre, l’infiammazione cronica e le eventuali perdite di sangue abbondanti possono contribuire a una sensazione costante di stanchezza e affaticamento; l’anemia da carenza di ferro, comune nelle persone con mestruazioni abbondanti, può aggravare questo senso di spossatezza, riducendo energia e concentrazione.

Tutti questi elementi influenzano facilmente il benessere mentale: dolore e affaticamento facilitano l’isolamento sociale e, più in generale, affrontare una malattia cronica e spesso sottovalutata può portare ad ansia e depressione, specialmente se i sintomi vengono ignorati o minimizzati da medici o persone vicine. Insomma, l’endometriosi non è solo un problema ginecologico ma una malattia con un impatto complesso e a volte sottovalutato sulla qualità della vita delle donne: va affrontata con il giusto supporto medico e sociale. Ricorda che le strutture Kormed sono sempre a disposizione per fornire un inquadramento diagnostico e terapeutico professionale e affidabile.

Tecarterapia: dopo quanto fa effetto, quanto dura una seduta e altre considerazioni

Gli effetti della tecarterapia possono richiedere tempi variabili per manifestarsi: spesso il sollievo da un dolore acuto può essere già rilevabile dopo le prime sedute, mentre per dolori cronici può essere necessario più tempo; anche lo stimolo della rigenerazione tissutale di solito si verifica nel medio-lungo termine. A seconda dell’obiettivo terapeutico, inoltre, può cambiare anche la durata di una seduta di tecarterapia, che in media è di 20-30 minuti ma che può essere più breve o più lunga a seconda che l’area da trattare sia limitata o estesa. E, naturalmente, il numero di sedute necessarie dipende molto dal tipo di disturbo.

Vale la pena precisare che, come spesso avviene per le terapie più recenti, gli studi che valutano efficacia e benefici della tecarterapia hanno alcune limitazioni: spesso, per esempio, sono stati condotti su gruppi abbastanza piccoli di persone, e sono scarse le ricerche sui benefici a lungo termine. Tuttavia, questa pratica, a metà strada tra l’innovazione tecnologica e la medicina riabilitativa, offre un approccio non invasivo e molto mirato, che appare inoltre sempre più versatile. Ricordando che, come ogni strumento, richiede una corretta indicazione clinica e un utilizzo guidato da personale esperto, così da accompagnare il corpo nel suo percorso di guarigione.

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